📋 Oltre le checklist: le domande che orientano la Due Diligence
In un mercato legale in continua evoluzione, comprendere i meccanismi finanziari delle operazioni non è più un'opzione, ma una competenza distintiva per ogni avvocato d'affari.
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Nella pratica, la due diligence viene spesso trattata come una lunga lista di documenti da spuntare. Ma il vero valore – per chi supporta l’operazione – nasce da una comprensione profonda del contesto in cui si inserisce la transazione.
In altre parole: perché il cliente compra? Come intende integrare la Target? Cosa vorrebbe assolutamente evitare?
Per questo, il primo passo di una due diligence efficace è intervistare il cliente, per capire che ruolo gioca l’operazione nella sua strategia. A prescindere dalla specializzazione settoriale, solo il cliente sa cosa si aspetta dalla transazione e dove colloca la target nel suo business plan.
Tre domande, se poste bene, cambiano il senso di tutta la due diligence e aiutano a comprendere se “le stelle sono davvero allineate”.
1. Cosa interessa di specifico nell’attività della Target?
Un acquirente industriale come Google potrebbe guardare a tecnologia, persone chiave, brevetti, penetrazione in un segmento di mercato. Un acquirente finanziario – come un fondo PE – invece, può avere obiettivi molto diversi a seconda che si tratti:
del primo ingresso in un settore (First Time Entry),
oppure di un add-on in una logica di Buy & Build (espansione di una piattaforma esistente).
👉 Nel secondo caso, spesso non interessa tutta l’azienda, ma solo alcuni asset altamente specifici e compatibili con le altre aziende in portafoglio. Il resto è non-core, e quindi destinato a essere dismesso o smantellato.
💡 Esempio: un fondo acquista una società IT ma è interessato solo alla divisione cybersecurity, per integrarla con una partecipata già attiva nello stesso ambito. Il resto? “Fuori perimetro”.
Per l’avvocato, significa che alcuni asset richiedono verifica approfondita, altri no. E la due diligence deve riflettere questa selettività.
2. Quali sono i programmi per dopo? Come si intende integrare la Target nell’attuale struttura dell’acquirente?
Capire le intenzioni post-deal è cruciale per orientare la due diligence, soprattutto quando ci sono più opzioni sul tavolo.
📌 Esempio industriale: una multinazionale farmaceutica acquisisce una PMI italiana con brevetti su integratori. Il piano è integrare R&D e produzione, ma dismettere la rete commerciale, sostituendola con la propria forza vendita internazionale.
➡ Focus della due diligence: verifica dei brevetti, compatibilità impianti, compliance produttiva. Non sulla rete commerciale.
📌 Esempio PE – Buy & Build: un fondo acquista una software house per PMI. La mantiene stand-alone, affianca un CFO, investe in marketing, in vista di una futura integrazione con altre partecipate tech.
➡ Focus: compatibilità software, qualità del team, retention clienti, integrazione futura.
📌 Esempio PE – First Time Entry: fondo entra in un’azienda alimentare con tre linee di prodotto. Tiene solo la linea bio, dismette le altre, e costruisce su quella la platform company da quotare.
➡ Focus: separabilità linee, scalabilità del “bio”, costi di dismissione, base per future acquisizioni.
👉 L’integrazione futura condiziona non solo cosa si verifica, ma anche come si valuta un rischio: un problema minore su una linea che verrà chiusa può essere ininfluente, mentre un dettaglio tecnico su un asset strategico diventa cruciale.
3. Cosa si vuole assolutamente evitare dalla transazione?
Qui emergono gli elementi che, se presenti, rischiano di essere dei deal-breaker o comunque di modificare profondamente la struttura dell’operazione.
📍 Responsabilità pregresse o strutturali
Ci sono settori in cui le sanzioni per pratiche scorrette sono frequenti e pubbliche: si pensi ai comparatori online, come Facile.it o Segugio.
In questi casi la due diligence deve mappare la frequenza e la fisiologicità del rischio, identificare gli aspetti dell’attività più esposti, valutare se serve un piano di risanamento o mettere a budget un importo.
📍 Dove rifinanziare il debito della Target
Due aspetti critici sono da valutare in questo caso:
Portabilità: il debito può “trasferirsi” senza rifinanziamento in caso di cambio di controllo?
Costo di uscita: ci sono penali, make-whole o clausole che rendono il rifinanziamento oneroso?
Eventuali vincoli in termini di portabilità del debito impongono di negoziare waiver o Conditions Precedent specifiche all’interno del contratto
📍 Lato venditore, il mutamento della qualità del controllo
Anche in caso di vendita di una quota di minoranza (es. il 49%), il venditore può perdere il controllo esclusivo sulla società, pur mantenendo la maggioranza formale. Ciò accade quando gli accordi di governance previsti (es. diritti di veto, comitati paritetici, approvazioni congiunte) limitano l’influenza dominante del venditore.
In questi casi, si verifica un mutamento della qualità del controllo che, ai fini contabili, impone il passaggio dal consolidamento integrale al consolidamento proporzionale (o al metodo del patrimonio netto).
Un cambiamento che può avere impatti rilevanti sia sul piano contabile che strategico, e che gli advisor devono saper anticipare nella strutturazione dell’operazione.
L’importanza di una visione complessiva
Oltre all’identificazione delle singole criticità, è fondamentale sviluppare una visione complessiva della gestione della Target. La società presenta un’eccellenza chiara e dimostrabile nel proprio core business, oppure un livello di esecuzione mediocre su tutti i fronti?
Non è sufficiente concentrarsi sulle protezioni contrattuali: occorre valutare se la Target esprime un valore reale o solo apparente. Una realtà che eccelle nel proprio ambito operativo, pur presentando carenze in aree accessorie (es. manutenzione o sicurezza dello stabilimento), può essere oggetto di interventi correttivi mirati. Diversamente, un’azienda priva di punti di forza distintivi difficilmente giustifica le valutazioni richieste.
In questo senso, svolgere una due diligence efficace significa anche supportare il cliente nel validare la propria tesi di investimento, offrendo una lettura coerente e integrata di rischi, potenzialità e compatibilità strategica.
In un mercato legale in continua evoluzione, comprendere i meccanismi finanziari delle operazioni non è più un'opzione, ma una competenza distintiva per ogni avvocato d'affari.
La prossima edizione del Master in Finanza per Avvocati partirà a SETTEMBRE e sarà destinata ad avvocati specializzati in ambito Corporate, M&A e Private Equity: se desideri approfondire questi temi in modo mirato, ti propongo un confronto professionale di 30 minuti per valutare insieme le tue esigenze formative e capire se il nostro percorso può supportare il tuo sviluppo professionale.